martedì 17 marzo 2015

Impressioni in penna... "Tutta colpa di gabo"

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…


"Tutta colpa di gabo"


Avrei dovuto leggerlo tutto in una volta questo breve romanzo, ma il tempo ultimamente mi è tiranno e così, come si dice a Firenze, ho dovuto leggero “ a pezzi e bocconi”. Elisa Minì l’autrice lo ha detto: “ C’è già un testo teatrale tratto dal libro che aspetta solo di essere messo in bella copia, di essere messo in scena.” E io questa commedia la vedo, alla maniera del primo “ Benvenuti in casa Gori”: un solo attore, tanti personaggi a cui dar vita, una scena unica, più oggetti sul palco, l’occhio di bue che si accende e si spegne, si sposta, mette in luce quell’uno che a tanti da le battute. 
Per leggere, vedere, e sentire ,questa piccola storia estrapolata da Elisa Minì tra le tante da potersi raccontare della famiglia Bencini, protagonista assoluta del libro, essere fiorentina “ni’ midollo gli è stato importante e m’è servito parecchio”. Vuoi per i luoghi menzionati, vuoi per i ricordi affiorati da quelli, vuoi per quell’incedere dialettale, gestuale ed espressivo, che ad ogni rigo scritto magicamente consegna la sua precisa appartenenza. Insomma per farla breve, mi sono ritrovata a leggere interpretando. L’ultima volta che mi è successo è stato con “Novecento” di Baricco, mi auguro che Elisa gradisca il paragone. 
Non nego che in certi passaggi avrei voluto che l’autrice approfondisse di più, scavasse oltre, si soffermasse maggiormente sui personaggi, ma sono una discreta immaginatrice, propensa allo psicanalizzare da sola i narranti e i narrati, per cui dove lei, non a caso inseguendo un suo percorso e un suo obbiettivo ha optato per lasciar scorrere, io mi sono soffermata. 
“Tutta colpa di Gabo” è una storia matriarcale, dove le Donne però non solo dettano le regole ma anche le subiscono, sempre comunque consapevoli della loro sorti. 
Prima fra tutte, cardine indiscusso di casa Bencini, la nonna, l’Argisa, motore trainante del racconto e di un mondo e un modo di essere, fare famiglia che pur scrivendosi nel presente lo si avverte con rammarico in via d’estinzione. 
Elisa ha attinto dai Bencini ciò che le importava raccontare( una famiglia si sa, possiede nel suo dna un’enorme repertorio a cui rifarsi per questo): la complicità, la diversità, l’amicizia possibile tra culture diverse. L’autrice avrebbe potuto soffermarsi sull’esuberanza sessuale di Franco Melandro, sui suoi nipoti/figli, oppure sulla veggenza di Beatrice, o sulla difficoltà di rapportarsi con il mondo e suoi abitanti di Matteo; volutamente non l’ha fatto, lasciando che il ciò che accade sia semplicemente il vivere che da vita alla vita, scorre veloce, rallenta un poco, a volte non trova lo spazio il tempo per porre l’attenzione dove deve e non per superficialità o mancata sensibilità ma per le tante sollecitazioni a cui ogni giorno è sottoposta, deve tener testa. 
Ovvia giù! Da artigiana attora oltre che scrittora, mi propongo per la ribalta prossima de “Tutta colpa di Gabo” Intanto pubblicamente mi candido per leggerne, "coi mento basso e gli occhi sgranati all’insù" alla maniera de’ Bencini, due o tre passaggi alle prossime presentazioni del libro se ci saranno. 

Oh…l’ho detto!
Con stima 
Giovanna 

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In occasione della presentazione del libro al locale " I' Licchio" Montespertoli (Fi)



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