domenica 30 marzo 2014

Impressioni in penna..."Allacciando le cinture con Ferzan..."

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…




Siedo, mi metto in ascolto, con occhi, orecchie, ma soprattutto cuore. Ho impiegato una settimana per rielaborare, far decantare come un buon vino questo film dentro di me. Mi hanno detto in molti che non sono stata la sola. Credo sia positivo, vuol dire che resta, vuol dire che lascia. 
Mi ci vuole un poco, nonostante le cinture allacciate, per partire, per entrare in contatto con la storia, con i suoi personaggi, con i loro “perché”. Come se quello che inizialmente passa, fosse vita qualunque non “la” vita; di Elena, di Antonio, di chi intorno gli gira. Amo Ozpetek e il suo modo di consegnarsi, non mi deluderà lo sento. Così la mia partenza rimandata arriva, quando quella parte di vita che meno sembra abbia da dire, passa il testimone. Scena del locale, con famiglia di affetti riunita, confessione di Elena, della sua malattia in divenire, con quel: “Così, così, così…”, rispettosamente preso in prestito da Ferzan, al grande Eduardo e alla sua Filomena Marturano. Non è un caso, Donna forte anche lei, determinata, asciutta di lacrime, essenziale di verbo, come Elena è. Davanti alla malattia la vita vissuta cambia prospettiva, registro, consegna il conto, traccia la linea tra il prima e il dopo, mette a repentaglio il futuro, ma soprattutto sconvolge l’amore, oppure gli da più forza, in uguale misura. Ozpetek mette tutto questo a nostra disposizione, ad ognuno di noi la scelta: cosa prendere, cosa lasciare, come nel nostro passaggio terreno sempre avviene.
Film di Donne questo, generazioni diverse che si accolgono, si sorreggono, ridono di loro, si interpretano nelle pieghe e nella loro intimità. Nessuna delle attrici scelte, piccola protagonista compresa, avrebbe potuto far meglio. Regista docet.
Gli uomini "sono", si rappresentano precisi, nei muscoli scolpiti e nell'istinto animalesco di Antonio, nella dolcezza e protezione di Filippo, capace di fare dell’universo maschile e femminile, un unico meraviglioso genere.
Quando Egle travisa con il suo intuito non tale, l’identità dei due, comprendi quanto gli stereotipi da sempre vigenti, siano profondamente errati. Quando Antonio ama Elena nel letto d’ospedale, la diversità nell'amore si riafferma, trova linfa, rinnova la sua potenza di attrazione.


Usciamo dalla sala in silenzio. Più di trenta gli anni insieme vissuti, un percorso lungo, messo a dura prova, per cose comuni a molti, rivisto e corretto quando è stato necessario, quando abbiamo deciso che dovevamo provarci. Non ci scambiamo subito impressioni, non come avvenne all'epoca de “Le fate ignoranti”, dove un’accesa discussione minò le ore dopo, continuò per giorni. In ballo, c’era una visione diversa del rapporto di coppia. Era un momento significativo della nostra storia quello, io sostenevo la possibilità di parallelismi senza nulla togliere, lui, tanto integro per accettarne anche solo l’idea.
Dopo “Allacciate le cinture” ci domandiamo insieme se la morte annunciata dell’uno, possa essere più sconvolgente della morte dell’amore, e se quest’ultimo possa sopravvivergli, possa sopperire alla mancanza.
Ozpetek, come in ogni suo film, ci lascia speranza , finale aperto, riflessione...sul nostro vivere, su come sia stato, come sia, come sarà.
Anche questa volta grazie, grazie Ferzan….
Copyright © tutti i diritti riservati



                                                                                                                                                            
"Allacciate le cinture" di Ferzan Ozpetek







Nessun commento:

Posta un commento