martedì 28 gennaio 2014

Pit Stop "Dovremmo poter vivere due volte, facciamo tre..."




"Dovremmo poter vivere due volte, facciamo tre..."



Dovremmo poter vivere due volte, facciamo tre, sapere dalla prima cosa portare nella seconda, da vecchi sapersi riconoscere cosa  davvero vogliamo fare da giovani. Sarebbe un reinventarsi, un consegnarsi alla nascita sapendo dove andare. 
Lo pensavo stamattina ad alta voce, mentre la colazione finiva e la giornata iniziava. Ho pronunciato piano, soppesando ogni parola, con quell’espressione pensierosa che chi mi conosce bene, sul mio volto spesso ritrova. Marco ha condiviso con me questo breve momento, questa riflessione già fatta un sacco di volte, questo mio rimuginare di primo mattino. Sospirando e annuendo con la testa ha detto:“Si, hai ragione”. 
Noi, cinquantenni del 2014, siamo stati di quelli che nel lavoro hanno creduto, faticando neanche poi tanto a trovarlo, non più tardi dei venticinque abbiamo messo su famiglia, preso in carico le nostre responsabilità, portandole avanti fino ad ora e, già sappiamo, anche dopo, con uno spirito di abnegazione ovvio, naturale, mollando ogni tanto le briglie a qualche caduta di stile, a qualche lazzo, che all’avanzare dell’età va concesso. 
In tre batter di ciglia( giusto per avere il tempo d’abituarsi) abbiamo visto migrare lontano ogni certezza con fatica accumulata, i sogni messi da parte per i giorni di vecchiaia, quelli più vicini già in procinto di spiccare il volo. Arrabattati dentro un quotidiano che di scontato ormai non ha più nulla, guardiamo di nascosto l’orizzonte con paura.

Dovremmo poter vivere due volte, facciamo tre, invertire le grinze della nascita con quelle della vecchiaia, ricordare a memoria gli sbagli, trasformarli in vittorie. Con passione quanto basta, rendi conto quanto serve, con smisurato amore per noi, sempre…



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lunedì 27 gennaio 2014

Pit Stop Giornata della Memoria "Danke..."


"Danke..."


Quando vennero a prendermi avrei voluto baciarli
andar loro incontro con le braccia tese
aggrapparmi alle loro divise. 
Ma non avevo le forze per farlo
 il passo nei piedi
la spinta necessaria per lasciare il mio loculo
 far scricchiolare le ossa sotto la pelle rimasta. 
Tirava venta
 soffiava sulla neve rinnovata durante la notte
 spazzava la sporcizia nella baracca. 
Il gelo trafiggeva il mio cranio nudo
 come spillo pungeva le mie orbite quasi orfane d’occhi. 
Avrei voluto andar loro incontro
 mettere le mie dita di gallina sui palmi in guanto
lasciarmi condurre dovunque volessero. 
Priva di tutto
se non di questa testa che ora sembra enorme 
svuotata di pensieri ma non di attese
 mi feci prendere
come sacco di avanzi marci 
andai in carriola.

“Danke”
  dissi 
“Grazie di liberarmi dalla vita”
in bocca mi incespicai
troncando le ultime parole
l’ultimo pensiero…


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domenica 26 gennaio 2014

Impressioni in penna..."Il Capitale di Virzì"

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…



“Il Capitale di Virzì…”
 

Quando vanno i titoli di coda vorrei attendere un poco prima di lasciare la sala. Il silenzio che dentro ho raccolto, meriterebbe di essere subito ascoltato. Ma la gente incalza per uscire e allora lo lascio in deposito, cerco di rimetterlo poi in parole scritte.

Con questo film Paolo Virzì abbandona “la macchia per l’impressione”, per dirla in pittoreschi termini. Un Vincenzo Lega, un Giovanni Fattori che lasciano la costa livornese per i boulevard parigini, consegnandosi all’internazionalità. Capitale Umano è un film neorealista che porta la data di oggi, è lettura cruda, essenziale, di quest’ultimo ventennio balordo, dove il peggio di noi ci ha sopraffatto. Geniale lo snodarsi del film in capitoli, il consegnarci la storia vista e rivista da punti "umani" diversi, l’aver preso per ogni ceto sociale un suo rappresentante, che alla stessa amara riflessione riconduce. Sorrido alle polemiche leghiste, qualsiasi altra collocazione regionale o inflessione dialettale, avrebbe sortito lo stesso risultato. Il nostro paese è marcio, tronfio di ricchezza non sudata, di imbecilli da comprare con una firma in calce, di valori a cui abbiamo dato una data di scadenza. Nessun protagonista, nessuna prima donna in questo film che resta, ma una corale interpretazione, come nei giorni del vivere vero, dove ognuno ha il suo ruolo, fa la sua parte, e alla fine i fatti davvero appaiono…” realmente accaduti”. Bellissima la scelta del teatro già in avanzato stato di decomposizione, il suo nome così usuale che a molti già morti riconduce.
 Metafora di una morte globale già da tempo annunciata?...



Luca addobba di pipistrelli i vetri di Natale, Serena in se racchiude ciò che di meglio maschile e femminile insieme, sanno dar vita. 
Loro sono… il nostro Umano Capitale.

Grazie Paolo Virzì… 



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Storie collettive Da 20lines "Camilla"


"Camilla" storia a quattro mani di Barbara Villa Mastropierro e Giovanna Vannini
 

Mi piacciono i minuti prima del suono della sveglia, sembrano interminabili e brevissimi allo stesso tempo.
Adoro il profumo dell'erba appena tagliata e i fiori che curavi con amore.
Mi piacciono le sensazioni che si respirano le ore prima di un concerto.
Mi piacciono le mille contraddizioni di una città come Milano.
Amo le serate passate al muretto con gli amici a raccontarci sogni.
Adoro i dolci di Nonna Adele, le fossette che nascono sul viso di Andrea quando sorride e gli abbracci stretti di papà.
Quel rigore sbagliato che ha cancellato un sorriso, e il gol all'incrocio dei pali che vi ha riportato in paradiso.
Amo la mia chitarra e la tua musica, il suo cane e gli occhi di Carlotta.
Adoro le scorribande con le ragazze, i segreti raccontati alla luna e i suoi tiri da tre.
Adoro le mie inseparabili All Star verdi, ritrovare i tutù di Carlotta buttati sotto cumuli di cose vecchie
e poi ... Luci a San Siro.”
 
Mi piaci Camilla.
Mi piace il tuo modo di trattare la gente: con dolcezza e simpatia. Adoro le smorfie che fai quando mangi l'insalata e c'è troppo aceto.
La tenerezza nei confronti degli animali e la tua passione per la musica.
Mi piace la tua carnagione color luna, il naso che si arriccia quando ridi, il tuo sorriso sbarazzino. Le lentiggini che ti rendono buffa e simpatica, i capelli ricci perennemente spettinati, la tua risata rumorosa, particolare e coinvolgente.
E i piedi Camilla? Quelle dita strane che detesti, io le trovo bellissime, perché tue.
Ti amo Camilla perché sei bella e socievole, intelligente, brillante, esplosiva. Dolce, altruista e fantasiosa. Ti amo perché nei tuoi occhi ci vedo il mondo, il nostro.
Amo anche i tuoi momenti di follia, quando svalvoli se qualcosa non va come dici tu. Quando piangi davanti alle immagini di Bambi e quando le tue dita pizzicano le corde della chitarra. Adoro i tuoi capricci, quando metti il muso e quando ti perdi nel mio abbraccio.
Camilla tu mi piaci. Ancora non lo sai, ma un giorno ti sposerò.
 
Camilla non sa, nemmeno immagina, cosa cela un cuore in fermento, cosa sono capaci gli occhi e l'anima insieme a dar vita. In fondo lei si basta, si coccola, si lascia e si riprende, accarezza le sue imperfezioni, sorride alla sua volubilità. Se così non fosse non avrebbe chi l'ama in silenzio, chi da lontano l'annusa, chi del suo volto trattenendo il fiato, ne studia le smorfie.
Camilla sa di giorni intensi, di ore strappate alla fretta, di cioccolata calda bevuta in chiacchiere con l'amica fidata, nel solito bistrot, alla medesima ora, nello stesso giorno, da quando gli impegni di ognuna le hanno portate troppo lontane.
Quando arriva la luna d'estate, Camilla si siede sull'erba, ha sempre un prato vicino ad accoglierla, una coperta con lei da stendere, ed il naso all'insù al firmamento...

Resto nel limbo per ora. Di lei so, ma non abbastanza per conquistarla con le labbra in riso, con un battito di ciglia, con un soffio di parole. Con Camilla la magia non può mancare, gliela devi consegnare come dote, mantenergliela nel tempo, farne ore di vita. Me la renderà con gli interessi. Ancora non lo sa, ma il nostro dare e avere è già in attesa. Intanto mi preparo, seguo i suoi passi, studio i suoi malumori quando mette il cappello. Ha la faccia lavata di sapone al mattino e la chioma arruffata quando a sera rientra, sembra un gatto giramondo che sempre fa ritorno.
Io?... Io non mi specchio, quasi non mi vedo, solo il necessario per mantenermi sano in corpo e in testa per quando avverrà contatto. Le giornate mie nelle sue scandiscono, armoniose passano, piacevoli si rammentano...

Andrea non lo sa, ma se lui non ci fosse la mia vita sarebbe un po' più complicata. Con chi potrei parlare dei miei malumori, delle paure, della tristezza quando mamma fa capolino ancora nei miei pensieri? Sono passati anni e tutti pensano che io sia felice, che non ci penso.
Sono felice, ma ogni tanto lei torna prepotentemente nelle mie giornate. Non lo dico a nonna e a papà per non farli preoccupare e a Carlotta per non renderla triste.
Sono solo dei momenti. Piccoli attimi di malinconia, frazioni di esistenza in cui le domande mi sbattono l'anima. Ma poi la vita mi riporta al presente e allora sorrido. Non è poi così male.
Con chi potrei parlare dei miei successi? Con chi ridere, scambiare sogni e incastrare la vita?
Andrea. Lui c'e' sempre stato.
Andrea è più di un amico, di un fidanzato, anche più di un marito. Andrea è Andrea.
L'unica anima capace di entrare in sintonia con la mia senza parlare. Con piccoli gesti, sguardi che entrano e restano. Presenza, costanza, affetto, complicità. Da sempre.
Lui ancora non lo sa, ma vorrei che non se ne andasse mai.
Un giorno glielo dirò.

Avevo aspettato a introdurmi in queste righe. Sapendo la fine volevo aspettare che da soli vi arrivassero, per diritto di protagonisti, perchè il mio compito non sta nello svelare. Senza rumore da sempre li osservo, ascolto il loro muoversi nel mondo, li vedo insieme anche quando non lo sono. Di quello che si scambiano tengo il succo, scarto la buccia. Gliene farò dono un giorno giusto, di quelli che sanno il loro ruolo, di quelli che nascono apposta.
Andrea, Camilla, tutti e due in attesa di contatto, da tempo nell'anima avvenuto, da troppo nei corpi trattenuto. Ci vorrebbe un passo, uno solo, perchè le mani si scambino calore, la bocca saliva. Io provo a condurli col pensiero, che di amori incompiuti più non vuole. A loro il grosso del lavoro, che dell'innamorarsi è solo inizio...

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