martedì 2 ottobre 2012

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi "Il paese si racconta"



II paese si racconta 
...aspettando la Velia...
 
Arriviamo in paese che sono le 10. L’aria frizzante di mezza montagna, ci asciuga il volto sudato. La jeep percorre senza fretta gli ultimi chilometri alla meta. Guida Lorenzo, il nostro tutto fare, io gli siedo accanto, con gli occhi al panorama e il pensiero all’incontro imminente. Questo mese per la nostra rubrica “Il paese si racconta”, un appuntamento speciale. Stiamo per conoscere la Signora Velia, una delle nostre più anziane compaesane, trasferitasi qui da almeno vent’anni. Per dieci ci ha intrattenuto con i suoi racconti ogni seconda domenica del mese sul nostro giornale. Nessuno fino a oggi ha mai saputo chi si celasse dietro questo nome antico, ma gli anni passano e avendo deciso di interrompere la collaborazione con la nostra testata giornalistica, la Signora Velia ha deciso di svelarsi. 
Percorriamo gli ultimi metri di strada sterrata tutta in salita, giungendo a lei emozionati e perché no, quasi intimoriti. Il tempo di parcheggiare ed ecco che la porta del vecchio essiccatoio restaurato a dimora, si apre. Piccola, la testa canuta, gli abiti sobri, la Signora Velia ci fa cenno d’entrare. In silenzio la seguiamo. Ci appare per ciò che in tutti questi anni avevamo spesso immaginato; un volto senza tempo, un’aria mesta e serena racchiusa in un unica espressione. 
Sappiamo che non ci dedicherà molto tempo, già ce l’ha preannunciato per telefono. Sappiamo che solo su di un racconto potremo improntare la nostra intervista. Del restante scritto nulla, niente a pretendere, e le domande incalzano.

“Signora Velia, nell’unico racconto che ci ha concesso di scandagliare, si definisce
una donna senza tempo. Come mai questa definizione?”

“Definizione curiosa vero?...(si ferma, raccoglie i pensieri)…Forse nasce dal bisogno di non appartenenza, dalla necessità di sentirmi di volta in volta, di giorno in giorno, personaggio di ere diverse, a seconda del mio stato d’animo, del mio sentire.”

“ Nel racconto, che lei stessa dice essere molto autobiografico, scrive che l’essersi trovata a vivere da sola nella casa paterna ha influito sul suo percorso di vita…”

“ E’ vero, è stata una scelta, netta, ponderata, voluta. Non rimpiango nulla, anche se come ho scritto, in certi momenti mi sono sentita…affaticata, solitaria, isolata. Ma finché è durata, ogni attimo trascorso in quella casa, è stata per me pura magia! Sì lo rifarei, sì, se potessi ci tornerei.” 

“I sentimenti profondi che traspaiono dal racconto, ci fanno capire che il legame tra lei e il luogo di cui narra è inscindibile. Quanto di reale e quanto di fantastico nel suo raccontarsi in tutto questo?”

“Il raccontare diventa sempre un intreccio tra realtà e fantasia e se funziona, allora vuol dire che abbiamo toccato il cuore del lettore. Quale legame tra me e il luogo che più di una volta ho menzionato nelle mie storie?...Legame, legame profondo, viscerale, amoroso. La necessità voluta o inconsapevole, di rimanere per poter perpetuare, tutta una serie di cose che qualcun altro ha dovuto suo malgrado, lasciare in sospeso. Per molto tempo io mi sono sentita custode, operaia, mai regina, con l’obbligo morale di portare avanti ciò che era rimasto incompiuto. Poi, un giorno, con immenso dolore, ho dovuto cedere a eventi più grandi di me. Si, tanto di me in in quello che ho scritto in questi anni, la fantasia mi è servita, l’ho usata come collante funzionale”

“Avrei ancora tante domande ma il tempo è tiranno…”

“Prego, prego…”

“Quali pensieri hanno affollato e confuso la sua mente quando ha saputo che doveva lasciare la casa natia?

“ Il pensiero dell’abbandono, una sensazione d’impotenza, davanti a una situazione che non potevo né economicamente, né fisicamente più sostenere. La decisione di lasciare quella casa in mano ad altri, mi lacerava, mi distruggeva, pur sapendo che un giorno avrei guardato a quella soluzione come alla più giusta, alla migliore, ma un giorno appunto, un giorno lontano. Ora so che così doveva essere, o forse me sono finalmente convinta.”

“ Ha poi trovato …
una nuova finestra su cui affacciarsi e appagare il suo sguardo?”

Ride e prosegue…

“La finestra, la finestra sì è vero ora ricordo… No, il panorama ancora no, non è quello che...Aspetti, come ho scritto?…. Ah sì ora ricordo...
sensazione di beatitudine… No, ancora non m’invade. E’ un paesaggio diverso quello che vedo dalla finestra di adesso, quello che mi circonda; montagne dalle linee morbide, qualche cima che svetta, altitudine media. Ma si sta bene qui, l’anima parla, sussulta, tace.  Credo che mi posso fermare ancora un po’. “

Si alza, ci stringe la mano e si congeda da noi, con un sorriso che rimane sospeso nel tempo.



                                                                    (sforando di quasi600...)

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