venerdì 7 settembre 2012

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi "Classe 1920"



Classe 1920




Girellava sereno nel piccolo cimitero. Preferiva passeggiare lì, che nella macchia boschiva appena fuori dal paese. Gli piaceva ogni tanto intraprendere "quel giro" visite, agli affetti più cari ormai andati, ma ancora presenti nel suo vecchio cuore. 
Ernesto Passini il suo nome, classe 1920, novantadue anni messi in fila, tutti vigili e coscienti, passati in mezzo a un conflitto mondiale e alla lotta partigiana, con il nome di battaglia de “Il Merlo”, per via della sua voce intonata, buona da utilizzarsi nelle notti silenziose di spari ma avide di richiami. 
Lo conoscevano tutti in paese Ernesto, lui che non se ne era mai andato, nemmeno quando i fratelli lo chiamarono a raggiungerli in Canada,  dove avevano fatto fortuna, con una piccola rete di ristoranti. Lui, non ne volle sapere. Appena ebbe smesso di impugnare il fucile, furono la vanga e la zappa a prenderne il posto dall'alba al tramonto, spalla a spalla con suo padre, con sua madre, le schiene curve, le mani spaccate dai geloni dell’inverno, per riprendersi quel pezzo di terra, per domarla di nuovo. 

Tutto questo Ernesto ora, ricordava, sotto un cielo minaccioso di pioggia, davanti alle tombe dei suoi genitori: Varesco e Giorgina, vicini ancora una volta, come per tutta la vita lo erano stati, in quel l'accompagnarsi semplice, fatto di poche parole, piccoli gesti e tanti sacrifici. Con tenacia, passione, forza nel corpo e nello spirito e il progresso arrivato a poco a poco nei campi, il loro orto, bastante per un mercato di paese, negli anni si era addoppiato, triplicato, fino a farsi fornitura per ingrossi cittadini.

Una fitta pioggerellina andava bagnando la testa calva di Ernesto, mentre con passo lento ma deciso, si dirigeva verso la lapide di Angela, moglie, madre, compagna di lotte quotidiane, di insperati successi politici, staffetta appena diciottenne sull’Appennino Tosco Emiliano. 
Con gesto noto, tolse il fazzoletto dalla tasca, asciugò e lustrò la foto ritratto in bianco e nero che il volto di lei ritraeva, in punta di dita le consegnò un timido bacio. 

Crepuscolo e nebbia calavano a valle. Nel bagagliaio dell’animo raccolse quei ricordi sempre accesi, chiuse il cancello del campo Santo alle spalle, s’avviò verso casa. 
Astro, rimasto per quel tempo in diligente attesa, gli si affiancò scodinzolando.
Nel buio umido della sera andarono…




Liberamente in memoria di Libero Burroni, partigiano della 23° Brigata “Pio Borri”, comandante del 1° Nucleo, nome di battaglia “Palle d’Oro”, operante sui monti Casentinesi

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4 commenti:

  1. concordo: quanto il racconto e arte!
    Rappresenti con le parole la situazione che
    chi legge vede nitidamente! Complimenti!!!

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  2. Veramente bel racconto, complimenti!
    Anche io adoro scrivere, che siano 1000 o 100.000 battute, non cambia.
    Scrivo per vivere.
    E viceversa.
    Ciao, se ne hai voglia passa da me, io ti ho scoperta su Net. Parade.

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  3. ...A tutti ancora una volta grazie... A keiko: con piacere andrò a trovarti sul tuo blog!

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