martedì 27 ottobre 2020

Scritture a quattro mani Giovanna&Francesca



"Alcuni sentono con le orecchie, altri con lo stomaco ed altri ancora con le tasche; ce ne sono poi altri che non sentono affatto".
K Gibran


E poi c'è chi sente con tutto quello che può per sentire: con tutto si mette in allerta, con ogni segmento suo, risponde. Non sempre tutto si vede ma sempre chi sente lo sente. La sera cala, la luce dei lampioni illumina. La strada è lì: aspetta di essere percorsa, di essere ignorata, lei comunque resta.

C'è chi sente e, troppo spesso tace. Il tacere, alla lunga, corrode. Come una lama che sottile solca l'anima. Corrode la via che così si cancella. Il dire, non è facile cosa, perchè ci fa mostrare una parte di noi... È intanto, comunque sia, la strada è lì che aspetta.

Dire, fare, tacere, ricorrenti domande per ricorrenti attese. La strada, intanto aspetta, leggermente in salita, non del tutto dritta. Ma son cose impercettibili per chi non sente, movimenti dell'anima per chi, sente.

Dire, fare, tacere... Lettere e testamento... Testamento di un tempo smarrito, ritrovato, compreso... Lettere perse e ritrovate. Ricomposte in un nuovo alfabeti. Più commestibile al palati, meno acido alla gola.

Parole dette e raccontate. Quelle che scaldano il cuore oppure graffiano la gola. Svolgo il compito, il mio. Srotolo il mio dire avvolto, tra nuovi alfabeti e lo ascolto... Scopro un nuovo percorso, una via differente da percorrere, che porta alla tua stessa meta.

Non ho mete io, ma con te e la tua, aspetto. Con le dita intrecciate di due mani che sfidano il divieto, ci metteremo in cammino oltre ciò che si vede. Silenzio e passi, respiri e scambiati sguardi, in serena lentezza. Per giungere dove ancora non si sa.




giovedì 7 maggio 2020

Impressioni in penna La belle époque

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…


Dal divano scelgo. I film francesi mi attirano spesso, hanno quell'andamento lento, sofisticato che mi prende, mi conduce piano, mi accompagna nel racconto, mi lascia “bene” ben oltre i titoli di coda.
La belle époque non mi tradisce e poi lui, Daniel Auteuil, una garanzia. 

Raccontare la pellicola per filo e per segno ( volendo usare una frase fatta) sarebbe un affronto: vedetelo! Leggero, ironico, mai patetico e in caso lo fosse lo fa con tenerezza, quella tenerezza che si riserva alle intimità ben impresse e rinchiuse in se stessi. 


Poter riviere un giorno della tua vita vissuta… poter rientrare oggi nel tuo ieri come fosse ieri davvero, ricostruito nei minimi dettagli, in parole, sensazioni, pensieri pensati, fatti precisi in sequenza avvenuti, in…atmosfera ricostruita che di tutto è la più importante: l’atmosfera, ripetibile senza suffisso di negazione, riscrivibile come ieri, pur essendo in oggi. Mi si fa corto il respiro mentre mi scorre davanti il giorno rivissuto di Victor, provando a ripescare il mio, nel mio "mio". Cerco veloce, metto il time-lapse ai ricordi: deve essere istintivo, estemporaneo, non architettato. Un giorno preciso non ce l’ho, ma un periodo sì, non ho dubbi, eccolo, riaffiora, è lui, è l’ estate del 1981, unica e mai ripetuta, quella! Tanto semplice e naturale da non essere speciale, tanto speciale per naturalezza e semplicità. Quella dopo, quella del 1982, fu sconvolta dal dolore e dai cambiamenti, di quelli da cui, non si torna indietro.



Ecco sì,  ho scelto, senza ombra e senza dubbio, dove voler rivivere potendo, mentre le lacrime ingombrano gli occhi e la voce non riesce a uscire. Mi commuovo vivendo quella scelta, stare nella finzione altrui, ha anche questo potere: far tornare a volte la tua realtà vissuta, quando pensavi di averla riposta per sempre. 
“Io so dove tornerei. E tu?...”
“Io non lo so, ma come fai te?…Già, ma te sei diversa, tu sei per queste cose…” 
Non gli dico che in quel tornare c’è anche lui. Diversi ma complici, nel tempo, col tempo e per il temo che resta, come Victor e Marianne. 
La belle époque, la bella epoca. 

Film consigliato per rivivere la propria… 

Copyright tutti i diritti riservati ©









lunedì 6 gennaio 2020

Pit Stop 6 gennaio 2020



"Santa susina si va a scuolina!"
Così mi dicevano una vita fa, quella in cui le responsabilità erano altrui, quella in cui la vita era tutta davanti. Odiavo quella frasina , quel modo di dire, mi metteva malumore addosso, fin quasi alle lacrime. Il riprendere del dopo, il ritornare al poi, che magagna! Adesso invece è tutto pari, adesso non conta, conta che le feste comandate passino, si ripresentino quando è tempo suo, senza troppo slancio o clamore. Quest'anno le ho sopportate meglio, non mi sono inflitta obiettivi, senza sensi di colpa mi sono adagiata sulla sentita necessità del non fare. Ho fatto bene, ogni tanto bisogna accogliersi invece di ostacolarci. E così sia, è stato, è andato, il Natale, la fine dell'anno e l'inizio del nuovo. Date in fondo, solo date, stanno sui calendari appesi alle pareti, su quelli appoggiati sui piani di stanze frequentate. Giorni, settimane mesi, ciclici, identici per nome, sequenza e direzione. 
Dice che il 2020 ( anno che bisogna scrivere tutto, non abbreviato, dicono...) il calendario del 2020, sia medesimo a quello del 1992: se qualcuno di voi ce l'ha lo rispolveri, risparmierà sul novello in corso. Questo anno di giorni ne ha 366, magari quelle 24 ore in più faranno la differenza, ma un magari buono però, non un magari cattivo! Chi nasce il 29 di febbraio festeggia il compleanno solo quando è bisestile? Allora invecchia meno? Ne mette meno in conto?
 
Non fisso nulla per domani, lascio che arrivi, vedrò come si presenta, che abito indossa che scarpe ha ai piedi. 
Il qui e ora son più che sufficienti. Mi piace così, tanto oltre il mio naso vedo lo stesso. Anzi, occhio, vedo anche oltre quello degli altri. 



6 gennaio 2020
( prima volta che lo scrivo)

Nebbia gennaio 2020 foto di Marco Galeotti 

martedì 31 dicembre 2019

Pit Stop Buon Anno


Va un altro anno in finale. Ognuno ha il suo. Mai uguale a quello altrui. Ogni anno rappresenta, sancisce, significa, porta con sé un messaggio, per ognuno diverso, per ognuno una storia: la sua. Forse è da qui che dovremmo ripartire, dal fatto che ognuno di noi “ha” la sua storia. Spesso sbirciamo con eccesso nelle storie altrui, vorremmo farle nostre, vorremmo fossero le nostre. Questo sbirciare prepotente le storie d’altri, ci fa perdere di vista e di tatto la nostra, unica, irrepetibile, non replicabile, non cedibile. Logorarsi sul pretenderne un’altra, non fa che impoverire la nostra. Concentriamoci su noi, prendiamoci in carico e in responsabilità, ne troveremo giovamento, troveremo “noi”. C’è della difficoltà ad agire in questo senso, c’è da condurci il pensiero, c’è da rifletterci parecchio, c’è da mettere l’azione nell’atto.

E’ un fatto di concentrazione, di porre attenzione: portare avanti la nostra storia, cambiarla se possibile, accettarla non potendo fare altrimenti. Da non fare è disperdere le energie sulle storie altrui, perché mai, fosse solo per un banale, piccolo, particolare, non saranno la nostra. 
Io guardo la mia…complessa a volte, dolorosa troppo presto, vissuta non sempre. Nel qui e ora alla mia storia chiedo meno, poche mete, mirati obiettivi non troppo importanti. La prendo per mano la mia storia, non la strattono, ne seguo il ritmo, che spesso non è il mio. Insieme a lei cammino: attraverso, proseguo, torno indietro se un passaggio mi è sfuggito, alleggerisco, rinforzo, aspetto. Decisamente non è come la vorrei, lo sapevo ieri, lo so oggi, già me lo immagino domani. Ma questa ho in dotazione e per quanto possa andarmi stretta e non a genio e per quanto non voglia affezionarmi, resta la mia e di nessun altro.
Siate voi, siate la vostra storia. 
Non prestatela a nessuno. 

Buon anno

Foto di Marco Galeotti 


uestoQ


domenica 22 dicembre 2019

Scattiscritti Immersa sale... foto di Emanuela Pulvirenti




Immersa sale. Così composta e silente da estraniarsi. Mette un piede dietro l’altro ad occhi socchiusi. Consegnerà un pensiero in preghiera appena varcata la soglia, tra le panche, verso l’altare, nell'aria d’incenso e candele. Se dovesse trovare qualcuno, siederà in fondo, lo sguardo alto ad altezza di Croce. Ma intanto, mentre tutto questo mette in fila a mente, due sguardi, quattro occhi fiamminghi la seguono. Non giudicano ma attendono. 
Che ripassi, che abbia pace in volto.
Quella di chi ha espiato senza colpa avere…


Duomo di Matera foto di Emanuela Pulvirenti